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Biografia breve

Biografia > Il mio maestro Agelindo Modesto

Ecco un articolo realizzato dal Sig. Franco Gover in base ad alcune mie memorie raccontate al cugino Marco Modesto sul mio maestro Agelindo Modesto per i cento anni dalla nascita sulla rivista "Il Ponte".

Oltre a lui sono debitore pure a mio zio Benedetto Modesto, anch'egli cesellatore. Morì sul fronte Jugoslavo durante la seconda guerra mondiale e sua moglie, quando seppe che avrei intrapreso questo mestiere, mi regalò i suoi ceselli.


Agelindo Modesto nel Centenario della nascita.
Nella panoramica storico artistica friulana del Novecento, Agelindo Modesto occupa un posto di tutto rilievo per quanto attiene il settore dell'oreficeria sacra e dei metalli, anche se ai più risulta pressoché sconosciuto.

Intendo proporre, anche se brevemente per ragioni di spazio, questa singolare figura ai lettori de "Il Ponte", nel Centenario della nascita del personaggio, avendo documentato sue opere anche nel nostro territorio codroipese.

Agelindo Modesto nacque a Majano il 9.11.1904 da una famiglia di agricoltori nella quale però scorreva la vena artistica (anche due suoi fratelli si distinsero nel campo dell'arte). Un intenditore che ebbe modo di notare una statuetta di donna ricavata da un bossolo di granata, incoraggiò Modesto ad intraprendere la via dell'arte e lo inviò a Milano dove, in un laboratorio di argenteria, cominciò l'apprendistato. Ben presto si sentì preparato per recarsi a Parigi dove fu assunto nel più grande atelier specializzato nel cesello e argentatura di opere di alto pregio. Si trasferì poi a Firenze dove lavorò per alcuni anni nella la ditta Pampaloni & Genazzani.

Allo scoppio della II Guerra Mondiale, rientrò a Majano e qui allestì un laboratorio, dimostrando anche una particolare ingegnosità nel creare strumenti e tecniche di lavoro, in particolare per la cromatura, nichelatura e argentatura.

Il campo in cui profuse la sua passione e le sue energie migliori fu quello dell'arte sacra: vasta la produzione di calici, pissidi, ostensori, suppellettili opera delle sue mani, che si fanno ancora ammirare per la ricchezza e la finezza dell'ornato che sovente incornicia la raffigurazione di scene bibliche e simboli, creazioni che esprimono una fede sostanziata di solida cultura religiosa. Sue opere si custodiscono in numerose chiese del Friuli e non solo.

Tra le tante ricordiamo la preziosa pisside e il raffinato piatto d'argento che si usa ancora per l'offerta nella Messa del Tallero, conservati nel Duomo di Gemona (sempre lo stesso tesoro conserva il celebre ostensorio del Lionello, Sec. XV, che il nostro ha pazientemente restaurato), le corone per la Madonna con Bambino del Santuario di Ribis, i calici udinesi della Cattedrale e del Redentore, della Madonna Missionaria di Tricesimo, la porticina del tabernacolo di Vendoglio.

Come non ricordare la sontuosa cornice realizzata per l'icona della Madonna del Don (portata in Friuli da un alpino reduce della campagna di Russia, al quale era stata affidata da una donna russa perché fosse messa in salvo, oggi conservata nella chiesa dei Cappuccini di Mestre), che pesa ben 14 kg. di ornamentazioni d'argento. L'artista ha forgiato anche l'anello episcopale per il Cardinale friulano Mons. Ermenegildo Florit, Arcivescovo di Firenze (nella foto).

Tralascio in questa sede la citazione di altre sue pur importanti opere, citando invece quelle conservate nel nostro territorio: ad iniziare dal prezioso calice d'argento sbalzato, cesellato e dorato conservato nella sagrestia della Cappella gentilizia di Villa Manin - Passariano. E' incisa l'epigrafe: "Lodovico / Leonardo / Manin / Patrizio / Veneto. A. Modesto / Majano / 25.5.1952" (in realtà, venne commissionato al Modesto dalla moglie del Conte Manin, la quale offrì tutti i suoi effetti personali in oro e argento perché venissero trasformati nella sacra suppellettile).

Nello stesso sito, dell'artista si conserva pure una coppia di corone dorate per immagine sacra.
Sue sono anche le corone della Madonna con Bambino, opera di Bartolomeo dall'Occhio, nella chiesa di Straccis (1972), volute dal compaesano don Riccardo Floreani.
Modesto ha realizzato una pisside per la chiesa di Biauzzo e un calice per quella di Goricizza; raffinato è l'ostensorio di Driolassa.

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II, ispirata a criteri di maggiore semplicità nel culto e negli arredi sacri, indusse, conseguentemente anche Agelindo Modesto a volgersi ad uno stile più moderno e sobrio. Il nuovo clima comportò, com'era prevedibile, anche una forte diminuzione della committenza e ciò costrinse l'artista a ripiegare (forse a malincuore) il suo ingegno anche verso altri generi, come quelle dei piatti in rame sbalzato con scene di genere o aspetti della vita tradizionale friulana. Anche in questo caso ebbe esiti spesso felici e suggestivi, comunque apprezzati.

Modesto morì nel suo paese natale vent'anni fa, il 16.10.1984, che qualche anno dopo gli dedicò un'interessante Mostra commemorativa. Già durante la vita, l'artista ottenne lusinghieri riconoscimenti locali ed internazionali, anche nel campo della medaglistica, ed apprezzamenti dalla critica.


(Un vivo ringraziamento per le informazioni e collaborazione fornite dai nipoti dell'artista: Luigi Capossassi, discepolo e collaboratore, e al prof. Marco Modesto).


Franco Gover



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